Saturday, June 15, 2013

Chiudono bar, ristoranti, negozi Così la crisi “desertifica” le città

Esercizi commerciali decimati, soprattutto al Sud. I più colpiti i settori moda e abbigliamento La burocrazia costa alle Pmi 31 milardi, pari a 2 punti di Pil ....
 

La crisi prolungata minaccia una desertificazione delle città italiane. Se il trend di chiusure delle imprese del commercio registrato nei primi quattro mesi dell’anno dovesse continuare allo stesso ritmo, al primo gennaio 2014 la faccia dei centri urbani apparirebbe decisamente cambiata e più buia rispetto a dicembre 2012 con bar, locali, ristoranti, negozi di abbigliamento decimati dalle chiusure. E la desertificazione colpirebbe soprattutto il Sud. Secondo le stime dell’Osservatorio Confesercenti, bar e ristoranti registreranno infatti un saldo negativo combinato di 17.088 imprese, arrivando a perdere il 5% del totale di aziende registrate dicembre 2012. Ai negozi di moda e abbigliamento potrebbe andare anche peggio: a scomparire saranno ben 11.328 esercizi, secondo le stime, con una contrazione dell’8% sul 2012. Calo più contenuto invece per il settore alimentare, il cui saldo previsto è di -4.701 unità, con una variazione negativa del 3% sul 2012. 


Secondo la previsione Confesercenti, il settore dell’abbigliamento registrerà nel 2013 4.593 aperture e 15.921. Si tratta di un rapporto aperture-chiusure di 2 a 7, un dato peggiore rispetto a quello di tutte le altre categorie di attività commerciali e anche del totale nazionale, per il quale il rapporto è di una nuova apertura ogni tre chiusure. Per quanto riguarda i bar, i nuovi esercizi saranno 6.714, contro 14.430 che chiuderanno per sempre la serranda; mentre i ristoranti vedranno 15.750 imprese cessare l’attività a fronte di 6.378 aperture. 
La crisi del commercio si estende a tutto il territorio nazionale, colpendo ogni regione. Per quanto riguarda le attività del settore alimentare, le stime Confesercenti indicano un saldo particolarmente negativo soprattutto in Sicilia, dove le nuove aperture saranno solo 288, un dato inferiore di quasi quattro volte a quello delle chiusure, previste a quota 1.080. Nell’abbigliamento, invece, è la Basilicata a mettere a segno il risultato proporzionalmente peggiore: con 240 chiusure e solo 84 nuove aperture, la regione perderà a fine anno il 10% del totale dei negozi del settore. In Abruzzo, invece, è previsto un record negativo per i ristoranti: con 144 aperture e 534 chiusure, al primo gennaio 2014 la regione avrà perso l’8% del totale delle imprese attive nella ristorazione. Nel settore Bar, spicca la stima per la Valle D’Aosta che, con 33 nuove aperture e 30 chiusure, potrebbe mettere a segno una variazione minima, ma positiva, dell’1%.  

I costi immensi della burocrazia  
Al nostro sistema delle Piccole e medie imprese (Pmi) la burocrazia costa quasi 31 miliardi di euro. Per ciascuna di queste imprese si stima che il peso economico medio sia di circa 7.000 euro. È quanto sostiene la Cgia di Mestre evidenziando come i costi siano stati calcolati su base annua e siano aggiornati al 31 dicembre 2012. Rispetto agli anni precedenti, rileva il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, «i costi della burocrazia sono addirittura in crescita. Non perché sia aumentato il carico degli oneri amministrativi sulle imprese, ma perché è diventato più preciso e puntuale il sistema di rilevazione di questo fenomeno. In pratica sono state scoperte delle nuove `sacche di burocrazia´ che prima non erano conteggiate. Alla luce di ciò, non è da escludere che il costo complessivo pari 31 mld di euro sia sottodimensionato». La denuncia del segretario della Cgia di Mestre mette in evidenza anche un altro aspetto: ’’31 mld di euro corrispondono a 2 punti di Pil circa: una cifra spaventosa. Di fatto la burocrazia è diventata una tassa occulta che sta soffocando il mondo delle Pmi. Nonostante gli sforzi e qualche buon risuItato ottenuto, i tempi rimangono troppo lunghi ed il numero degli adempimenti richiesti continua ad essere eccessivo’’. 
http://www.lastampa.it
15/6/13
 

6 comments:

  1. Ecatombe di negozi: chiudono 134 al giorno....Confesercenti: "Serve una riforma che riduca la pressione fiscale". Zanonato: "Vogliamo ridurre l'Imu sulle imprese"....

    Una vera e propria ecatombe. Tra 2008 e 2013, fra commercio e turismo, c’e stata un'imponente quantità di chiusure: all’appello mancano oltre 224mila titolari e tantissimi collaboratori.......http://www.ilgiornale.it/news/economia/ecatombe-negozi-chiudono-134-giorno-928527.html
    19/6/13

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  2. Ιταλία: Κλείνουν πέντε εστιατόρια κάθε ημέρα στο νότο λόγω κρίσης...

    Τη δεινή κατάσταση στην οποία έχουν περιέλθει οι τουριστικές επιχειρήσεις στις περιφέρειες της Κάτω Ιταλίας, λόγω της οικονομικής κρίσης, αποκαλύπτουν τα στοιχεία που ανακοίνωσε ο πρόεδρος του τομέα τουρισμού της εμπορικής ένωσης Confesercenti Κλάουντιο Αλμπονέτι.

    Σύμφωνα με την ένωση, τους πρώτους τρεις μήνες του 2013, κάθε δυο ημέρες δυο ξενοδοχεία αναγκάζονταν να κλείνουν οριστικά, ενώ η κατάσταση για τα εστιατόρια είναι περισσότερο δραματική, αφού στην ίδια περιοχή «κατεβάζουν ρολά» από την αρχή του έτους πέντε επιχειρήσεις την ημέρα κατά μέσον όρο.

    «Ο τουρισμός δεν μπορεί να προωθείται μόνο μέσω του Διαδικτύου», είπε ο Αλμπονέτι, για τον οποίο «η φετινή θερινή τουριστική περίοδος υπάρχει κίνδυνος να παρουσιάσει τον πιο αρνητικό απολογισμό» των τελευταίων ετών.

    Ο πρόεδρος του τουριστικού τομέα της Confesercenti ζήτησε από τον Ιταλό πρωθυπουργό Ενρίκο Λέτα να καταβληθεί μια γενικευμένη προσπάθεια, ώστε να προωθηθούν οι περιφέρειες της Κάτω Ιταλίας ως προορισμοί χαμηλού κόστους και θέρετρα ειδικευμένα στον κοινωνικό τουρισμό.

    Ο Αλμπονέτι απηύθυνε έκκληση και στους προέδρους των νότιων περιφερειών της χώρας «να εμπνευστούν από το παράδειγμα της Ισπανίας, η οποία κατάφερε να αυξήσει τις αφίξεις τουριστών και εκτός θερινής περιόδου».
    http://www.protothema.gr/world/article/297620/italia-kleinoun-pede-estiatoria-kathe-imera-sto-noto-logo-krisis-/
    25/7/13

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  3. Die Zeichen für Europa stehen auf Hellorange....

    Die Euro-Krisenländer berappeln sich. Auch dank Deutschlands Stärke entwickelt sich die Konjunktur positiv. Doch um die hohe Arbeitslosigkeit zu bekämpfen, braucht es mehr als nur ein Mini-Wachstum.

    [ Von Anja Ettel ]

    Wer hätte das gedacht: Nach Jahren der Krise stehen die Chancen gut, dass die längste Rezession der Nachkriegszeit in Europa zu Ende geht. Die überraschende Wende zum Besseren verdankt die Euro-Zone einmal mehr der deutschen Wirtschaft, die sich nach der Schockstarre im Winter mittlerweile wieder auf einem guten Kurs befindet.

    Der Handel mit wichtigen Exportpartnern, allen voran den USA, brummt. Und dank des soliden Arbeitsmarktes und der moderaten Lohnerhöhungen kommt vor allem der Konsum im Inland immer weiter in Schwung.

    Das wird sich auch in den Zahlen zum europäischen Bruttoinlandsprodukt (BIP) in dieser Woche bemerkbar machen. Deutschland trägt immerhin gut ein Drittel zum Euro-BIP bei. Zudem ist die größte Volkswirtschaft der Euro-Zone für viele europäische Nachbarn der Absatzmarkt Nummer eins. Geht es Deutschland gut, hilft das auch den anderen.

    Doch das ist längst nicht einzige Grund, warum die Zeichen für Europa langsam wenn schon nicht auf Grün, dann zumindest auf Hellorange wechseln. Denn es gibt berechtigten Anlass zur Hoffnung, dass gleich mehrere Krisenländer das Schlimmste wohl endlich hinter sich haben.

    Italien zum Beispiel hat für das Frühjahr erstmals seit Jahren wieder ein minimales Wachstum ausgewiesen. Aus dem rezessionsgeplagten Spanien mehren sich die Signale, dass der Abschwung zumindest an Intensität verliert. Und Portugal konnte zuletzt den größten Rückgang in der Arbeitslosenquote seit immerhin 15 Jahren vermelden.

    Noch lange kein Leistungsträger

    Das alles sind wohlgemerkt noch keine großen Sprünge: Nach wie vor ist Europa weit davon entfernt, wieder ein solider Leistungsträger der Weltkonjunktur zu sein. Und für die Bürger in Italien oder Spanien, in Portugal oder Griechenland bedeutet das Ende der Rezession im Euro-Raum noch längst nicht, dass es damit auch ihnen persönlich wieder besser geht. Denn um die größte Bürde dieser Länder zu bekämpfen, die grassierende Arbeitslosigkeit, die vor allem der Jugend jegliche Perspektive raubt, braucht es schon deutlich mehr als ein paar Quartale mit Mini-Wachstum.....http://www.welt.de/wirtschaft/article118909361/Die-Zeichen-fuer-Europa-stehen-auf-Hellorange.html
    12/8/13

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  4. Imprese più grandi e ricerca ....Così l’Italia tornerà a crescere....

    Occorre un nuovo modello economico: il nanismo delle nostre aziende frena gli investimenti in innovazione e impedisce la creazione di posti di lavoro

    [Enrico Moretti*]
    Da ormai un paio d’anni, il dibattito in Italia è incentrato su occupazione e crescita economica. Sia a destra che a sinistra ci si interroga con urgenza crescente su come uscire dalla crisi. L’errore di fondo che accomuna gran parte degli interventi in questo dibattito è pensare all’Italia come ad un malato con una malattia sì acuta, ma passeggera.

    Si crede che l’Italia stia soffrendo un problema ciclico di breve periodo, indotto in buona parte dalla recessione mondiale degli ultimi anni.

    Pensare ai problemi dell’Italia come legati ad un problema transitorio legato alla recessione è un errore grave, perché spinge il governo e le forze politiche a pensare alla politica economica in termini di stimolo di breve periodo: interventi piccoli, disegnati per ridare fiato all’economia per sei mesi o un anno. La realtà è purtroppo molto più grave: i problemi economici italiani sono strutturali e stanno decimando le capacità economiche del paese da decenni.

    Da sempre i cicli di recessione ed espansione economica determinano il numero dei posti di lavoro e i salari, e in questo senso gli anni dal 2010 a oggi sono stati particolarmente duri. Ma recessioni ed espansioni sono tuttavia fenomeni di breve periodo. Ben più importanti sono le tendenze di lungo periodo, perché sono quelle che determinano il nostro tenore di vita in maniera molto più profonda e duratura.

    La bassa crescita .....http://www.lastampa.it/2013/08/12/economia/imprese-pi-grandi-e-ricerca-cos-litalia-torner-a-crescere-hpAO6C13lBspUtdBqh4GOM/pagina.html
    12/8/13

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  5. Λουκέτο έβαλαν 6.500 επιχειρήσεις στην Ιταλία...

    Μεγάλο πλήγμα στις επιχειρήσεις στην Ιταλία φέρνει η οικονομική κρίση, την ώρα που η αγορά έχει «στεγνώσει» από ρευστό.
    Το πρώτο εξάμηνο του 2013 συνολικά 6.500 έβαλαν λουκέτο, κάνοντας αίτηση πτώχευσης. Ο αριθμός είναι αυξημένος κατά 5,9% έναντι του αντίστοιχου διαστήματος του 2012. Ο ιταλικός νότος είναι η περιοχή που σημειώνονται τα περισσότερα κλεισίματα.
    Το εμπορικό επιμελητήριο της Ιταλίας διεξήγαγε σχετική έρευνα, κατά την οποία αποδείχθηκε πως την περίοδο 2008 – 2012 συνολικά 9.000 «ιστορικές» επιχειρήσεις αναγκάστηκαν να κατεβάσουν ρολά.
    Να σημειωθεί πως ως «ιστορικές» χαρακτηρίζονται οι επιχειρήσεις που ιδρύθηκαν τουλάχιστον πέντε δεκαετίες πριν.
    http://www.onlycy.com/375643
    23/8/13

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  6. Cento miliardi di debiti non pagati: ecco come lo Stato ammazza le imprese....

    I 22 miliardi erogati nel 2013 servono a poco e la Ue apre l'infrazione per i ritardi nei pagamenti: rischiamo una multa da 3 o 4 miliardi.

    Dopo l'ammonimento, la sanzione: è partita oggi la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per i ritardi dei pagamenti alle imprese da parte della pubblica amministrazione.

    Come aveva già annunciato qualche giorno fa il vice presidente della Commissione Ue Antonio Tajani, da oggi l’Italia avrà 5 settimane di tempo per rispondere alle contestazioni ed evitare la messa in mora che porterebbe a una multa di 3-4 miliardi. La decisione arriva dopo aver visionato i rapporti stilati da Confartigianato, Ance (associazione delle imprese del settore delle costruzioni) e Assobiomedica, dai quali emerge una violazione palese della direttiva Ue riguardo ai ritardi nei pagamenti alle imprese.

    In particolare, secondo i costruttori, i ritardi accumulati dagli enti pubblici superano i 200 giorni con punte di 1000. Le violazioni contestate all’Italia nella procedura Eu pilot si riferiscono agli articoli 4 e 7 della direttiva. "Non ho un intento punitivo - ha detto Tajani nel corso di una conferenza stampa - ho aspettato un anno e un mese ma la situazione anziché migliorare è addirittura peggiorata. In nessun altro paese i rapporti degli advisor sono stati così negativi. Se l’Italia è in grado di dimostrare entro 5 settimane la non violazione della direttiva, non ho problemi a chiudere la procedura".

    "Una cosa sono i debiti pregressi, altra cosa sono i debiti non pregressi accumulati dalla Pa", spiega Antonio Tajani, "Le denunce da parte delle organizzazioni indicano una situazione nazionale allarmante di cui non posso non tener conto.....................http://www.ilgiornale.it/news/economia/cento-miliardi-debiti-non-pagati-ecco-stato-ammazza-imprese-988613.html
    3/2/14

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